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LA NORMATIVA - CLASSI E ALUNNI NELLE SCUOLE PARITARIE
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Il comma 1 dell’articolo 1 bis del dl 250/2005 in commento dispone, come già detto, che le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III del d.lgs. 297/1994, siano ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della 62/2000 e scuole non paritarie.

Vengono poi dettate (commi 2 e 3) ulteriori disposizioni sulle scuole paritarie; in particolare si prevede che:

· la frequenza di queste ultime costituisca assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione, come disciplinato dal recente decreto legislativo 15 aprile 2005, n.76[9];

· il riconoscimento della parità-previo accertamento dei requisiti- sia effettuato con provvedimento del dirigente dell’ufficio scolastico regionale (anziché del ministero, come disponeva l’art.1, comma 6, della legge 62/2000);

· il riconoscimento decorra dall’anno scolastico successivo alla richiesta e sia subordinato - nel caso di istituzione di prime classi - al completamento del corso degli studi;

· le modalità per il riconoscimento ed il mantenimento della parità siano definite con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, co. 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

· le scuole paritarie non possano svolgere esami di idoneità per alunni frequentanti scuole non paritarie che dipendano dallo stesso gestore o da altro con cui il gestore abbia comunanza d’interessi.

Viene quindi identificatala nuova categoria delle scuole non paritarie e se ne disciplina il funzionamento.

Sono qualificate come non paritarie (comma 4) le scuole che svolgono un’attività organizzata di insegnamento ed hanno le seguenti caratteristiche:

· un progetto educativo ed un’ offerta formativa conformi ai principi della Costituzione ed all’ordinamento scolastico, finalizzati ad obiettivi apprendimento correlati al conseguimento di titoli di studio (fanno eccezione- come precisa il comma successivo- le scuole materne);

· la disponibilità di locali, arredi e attrezzature conformi alle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza dei locali scolastici;

· l’impiego di personale docente e di un coordinatore forniti di adeguati titoli professionali, nonché di idoneo personale tecnico e amministrativo;

· gli alunni frequentanti, in età non inferiore a quella prevista nelle scuole statali o paritarie in relazione al titolo di studio da conseguire.

Le scuole non paritarie ottemperanti alle condizioni sopra elencate (comma 5) sono incluse in apposito elenco affisso all’albo dell’ufficio scolastico regionale che è preposto alla vigilanza sulla sussistenza e sulla permanenza delle condizioni stesse. Tali adempimenti vengono disciplinati con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 400/1988[10].

Si esclude comunque che le scuole non paritarie rilascino titoli di studio aventi valore legale e si prescrive -nella denominazione- la chiara indicazione del carattere di scuola non paritaria..

Alle sedi ed attività d’insegnamento prive delle caratteristiche sopra elencate, quindi non rientranti nella tipologia di “scuola non paritaria”, si vieta di assumere la denominazione di “scuola”; si esclude inoltre che sia possibile assolvere in tali strutture il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione.

Viene contestualmente (comma 6) disciplinata la fase transitoria escludendo - dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 250/2005 - il rilascio di nuove autorizzazioni, riconoscimenti legali o pareggiamenti, ma consentendo il completamento dei corsi già attivati sulla base di provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 344, 355, 356 e 357 del d.lgs. 297/1994).

Si prevede inoltre la risoluzione delle convenzioni in corso con le scuole parificate non paritarie al termine dell’anno scolastico in cui si completano i corsi programmati dalle convenzioni stesse e la riduzione progressiva dei contributi statali (previsti dalle predette convenzioni) in ragione delle classi e degli alunni effettivamente frequentanti.

Si dispone peraltro che con regolamento governativo (come previsto attualmente dall’art. 345 del T.U.) siano disciplinate le modalità per la stipula delle nuove convenzioni con le scuole primarie paritarie che ne facciano richiesta, nonché i criteri per la determinazione dell'importo del contributo ed i requisiti prescritti per i gestori e per i docenti.

Con riguardo alle convenzioni si assicura prioritariamente alle scuole primarie a suo tempo parificate - divenute paritarie ai sensi della legge 62/2000- un contributo non inferiore a quello già corrisposto ai sensi delle vecchie convenzioni di parifica.

In proposito si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 2004 ha ribadito la competenza regionale delle funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali già prevista dall’articolo 138, comma 1, lettera e) del d.lgs. 112 del 1998. In tale ambito non spetta pertanto allo Stato la potestà regolamentare né sono ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione.

Viene infine ( comma 7) disposta l’ abrogazione delle disposizioni contenute nella Parte II, Titolo VIII, Capi I, II e III del TU (artt.331-366), ad eccezione di alcune disposizioni che continuano ad applicarsi alle scuole paritarie.

In particolare esse attengono a:

· cittadini dell’Unione europea gestori o insegnanti nelle scuole materne private (art 336), nelle scuole primarie (art. 342, comma 2),

· sussidi alle scuole materne non statali (articoli 339- 342);

· convenzioni con scuole elementari –ora primarie-(articolo 345 T.U.);

· salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province autonome (art. 352, comma 6);

· requisiti dei soggetti gestori dei corsi di scuola secondaria di primo grado ed oneri a loro carico (art. 353 e 358, comma 5);

· scuole dipendenti da autorità ecclesiastiche; corsi e titoli nei licei linguistici (artt. 362 e 363).

Restano inoltre vigenti gli articoli relativi a:

· scuole ed istituti stranieri in Italia (art.366l);

· servizio prestato dai docenti e dirigenti, già di ruolo nelle scuole pareggiate, assunti con rapporto a tempo indeterminato nelle scuole statali (art. 360, comma 6);

· requisito del prescritto titolo di studio per i docenti delle scuole materne che chiedano la parità (art. 334).

Infine, i requisiti prescritti per il soggetto gestore (articolo 353) sono applicati anche alle scuole non paritarie.

Sono abrogati altresì, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, gli articoli 156-159 e 161 del R.D. 1297/1928[11], relativi alle cosidette scuole “a sgravio”, scuole elementari gestite direttamente da un ente, che, sulla base di alcuni requisiti (gratuità, idoneità delle sedi, titoli professionali dei docenti), riceve un contributo dallo Stato o dal Comune previo stipula di apposita convenzione. L’articolo 160 del citato R.D., relativo alle modalità di disdetta delle convenzione, continua ad applicarsi nei confronti delle scuole primarie paritarie.

Viene infine soppresso il più volte citato articolo 1, comma 7, secondo periodo, della legge 62/2000; recante prescrizione di un provvedimento (nella forma di decreto del ministro) che realizzasse il definitivo superamento delle disposizioni del T.U. sulle scuole non statali.

L’articolo reca infine (comma 8) una clausola di invarianza di spesa.

Si ricorda, per completezza di informazione, che le disposizioni recate dall’articolo 1-bis del DL 250/2005 sono state oggetto di vivace dibattito parlamentare; con riferimento a tale articolo è stata inoltre presentata sul ddl di conversione del DL una questione pregiudiziale[12], a firma dell’on. Grignaffini ed altri.

La questione pregiudiziale adduceva le seguenti motivazioni:

· l’1-bis, introdotto dal Senato nel provvedimento, reca norme di dettaglio sulle modalità di erogazione dei contributi alle scuole paritarie in contrasto con l'articolo 117, terzo e sesto comma, della Costituzione poiché, come confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 29 dicembre 2004, le funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali rientrano nell'ambito della competenza regionale, essendo riconducibili alla materia dell'istruzione attribuita alla competenza legislativa concorrente e dunque spettando allo Stato soltanto la disciplina delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni;

· lo stesso articolo 1-bis, ai commi 4 e 5, nel dettare le disposizioni relative alle scuole non paritarie viene meno al principio della «presa d'atto» in vigore per le scuole secondarie private, già richiamato a suo tempo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 4 giugno 1958, interpretativa dell'articolo 33 della Costituzione;

· il comma 6 dell’art.1-bis prevede che le scuole elementari parificate possano avere un trattamento economico superiore all'attuale, con conseguente incremento dei finanziamenti statali, senza disporre alcuna copertura finanziaria, in contrasto con l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione;

· nell’articolo 1-bis non sono menzionati i doveri nei confronti dell'utenza, si trasforma così il contributo per l'assolvimento di un servizio a determinate condizioni in un finanziamento diretto, in quanto tale ancora in contrasto con l'articolo 33 della Costituzione.

Nella seduta del 31 gennaio 2006 si è svolto nell’Assemblea della Camera dei deputati il dibattito sulla questione pregiudiziale che è stata poi respinta.

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[1] . Legge 10 marzo 2000 n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.

[2] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.

[3] Il MIUR ha trasmesso alle Camere la Relazione sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000 n.62 recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione (DOC XXVII, n.13,- annunciato all’ Assemblea della Camera il 6 aprile 2004 ).La relazione precisa (pag. 31) che al 30 giugno 2003 la percentuale delle scuole paritarie ammontava all’82% delle scuole non statali.

[4] Senato,, Commissione Istruzione, seduta del 15 dicembre 2005.

[5] Come si evince dalla Relazione sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000 n.62 (DOC XXVII, n. 13, pag. 56) la forma del regolamento di delegificazione era stata individuata dal MIUR di concerto con la Presidenza del Consiglio interpellata (con nota ministeriale 12 febbraio 2004) in ordine alle difficoltà applicative dell’art.1, co.7, della legge 62/2000, sotto il profilo della natura dell’atto richiesto da quest’ultima

[6] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “T.U.”): Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.

[7] Ora denominate scuole primarie ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.

Ai sensi del T.U., le scuole elementari non statali si dividono in scuole parificate, scuole sussidiate e scuole private autorizzate (art. 343 del T.U.). Le scuole sussidiate sono quelle gestite da privati, enti o associazioni, mantenute parzialmente con il sussidio dello Stato nei luoghi dove non esistano scuole statali o parificate. Le scuole private autorizzate (art. 349 del T.U.) sono gestite da privati con l’autorizzazione del direttore didattico, secondo modalità stabilite da regolamento governativo. E’ previsto (art. 350 del T.U.) l’obbligo di adeguarsi, in linea di massima, all’ordinamento della scuola elementare statale.

[8] Attualmente, ai sensi dell’art.8 (Uffici scolastici regionali) del D.P.R. 11 agosto 2003, n. 319 (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l’articolazione periferica del ministero è costituita dagli uffici scolastici regionali (aventi sede nel capoluogo di regione) ai quali sono assegnate tutte le funzioni già spettanti agli uffici periferici dell'amministrazione, fatte salve le competenze riconosciute delle istituzioni scolastiche autonome a norma delle disposizioni vigenti. L'ufficio scolastico regionale si articola per funzioni e sul territorio; a tale fine operano a livello provinciale e/o subprovinciale i centri servizi amministrativi.

[9] Decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, recante Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 53/2003. Il decreto definisce il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione; a tal fine l’obbligo scolastico è ridefinito e ampliato per una durata minima di 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso l’apprendistato. E’ prevista la possibilità di assolvere al diritto-dovere anche privatamente, come stabilito dall’articolo 111 del TU sull’istruzione con riferimento all’obbligo scolastico. La fruizione del diritto, di cui si ribadisce la connotazione di dovere sociale, esteso anche ai minori stranieri, è gratuita. E’ inoltre garantita l’integrazione delle persone in situazione di handicap.

[10] Legge 23 agosto 1988, n. 400.

[11] Regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare.

[12] Camera, assemblea, seduta del 30 gennaio 2006

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