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COSA E' UN ISTITUTO PARITARIO ?

Legge 10 marzo 2000, n. 62

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Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione

1. Il sistema nazionale di istruzione, fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, comma 2 della Costituzione, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali. La Repubblica individua come obiettivo prioritario l’espansione dell’offerta formativa e la conseguente generalizzazione della domanda di istruzione dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita.

2. Si definiscono scuole paritarie, a tutti gli effetti degli ordinamenti vigenti in particolare per quanto riguarda l’abilitazione a rilasciare titoli di studio aventi valore legale, le istituzioni scolastiche non statali, comprese quelle degli enti locali, che, a partire dalla scuola per l'infanzia, corrispondono agli ordinamenti generali dell’istruzione, sono coerenti con la domanda formativa delle famiglie e sono caratterizzate da requisiti di qualità ed efficacia di cui ai commi 4,5, e 6.

3. Alle scuole paritarie private è assicurata piena libertà per quanto concerne l’orientamento culturale e l’indirizzo pedagogico-didattico. Tenuto conto del progetto educativo della scuola, l’insegnamento è improntato ai principi di libertà stabiliti dalla Costituzione repubblicana. Le scuole paritarie, svolgendo un servizio pubblico, accolgono chiunque, accettandone il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni e
gli studenti con handicap. Il progetto educativo indica l’eventuale ispirazione di carattere culturale e religioso.
Non sono comunque obbligatorie per gli alunni le attività extra-curriculari che presuppongono o esigono l’adesione ad una determinata ideologia o confessione religiosa.

4. La parità è riconosciuta alle scuole non statali che ne fanno richiesta e che, in possesso dei seguenti requisiti, si impegnano espressamente a date attuazione a quanto previsto dai commi 2 e 3:

a) un progetto educativo in armonia con i principi della Costituzione; un piano dell’offerta formativa conforme agli ordinamenti e alle disposizioni vigenti; attestazione della titolarità della gestione e la pubblicità dei bilanci;
b) la disponibilità di locali, arredi e attrezzature didattiche propri del tipo di scuola e conformi alle norme vigenti;
c) l’istituzione e il funzionamento degli organi collegiali improntati alla partecipazione democratica;
d) l’iscrizione alla scuola per tutti gli studenti i cui genitori ne facciano richiesta, purchè in possesso di un titolo di studio valido per l’iscrizione alla classe che essi intendono frequentare;
e) l’applicazione delle norme vigenti in materia di inserimento di studenti con handicap o in condizioni di svantaggio;
f) l’organica costituzione di corsi completi: non può essere riconosciuta la parità a singole classi, tranne che in fase di istituzione di nuovi corsi completi, ad iniziare dalla prima classe;
g) personale docente fornito del titolo di abilitazione;
h) contratti individuali di lavoro per personale dirigente e insegnante che rispettino i contratti collettivi nazionali di settore.

5. Le istituzioni di cui ai commi 2 e 3 sono soggette alla valutazione dei processi e degli esiti da parte del sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti dagli ordinamenti vigenti. Tali istituzioni, in misura non superiore a un quarto delle prestazioni complessive, possono avvalersi di prestazioni volontarie di personale docente purché fornito di relativi titoli scientifici e professionali ovvero ricorrere anche a contratti di
prestazione d’opera di personale fornito dei necessari requisiti.

6. Il Ministero della pubblica istruzione accerta l’originario possesso e la permanenza dei requisiti per il riconoscimento della parità.

7. Alle scuole non statali che non intendano chiedere il riconoscimento della parità, seguitano ad applicarsi le disposizioni di cui alla parte II, Titolo VIII del Decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297. Allo scadere del terzo anno scolastico successivo a quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge il Ministro della pubblica istruzione presenta al parlamento una relazione sul suo stato di attuazione e, con un proprio decreto,
previo parere delle competenti commissioni parlamentari, propone il definitivo superamento delle citate disposizioni del decreto legislativo 16 aprile 1994, n.297, anche al fine di ricondurre tutte le scuole non statali alle due tipologie delle scuole paritarie e delle scuole non paritarie.

8. Alle scuole paritarie, senza fini di lucro, che abbiano i requisiti di cui all’articolo 10 del decreto legislativo n.460 del 1997, è riconosciuto il trattamento fiscale previsto dal suddetto decreto e successive modificazioni.

9. Al fine di rendere effettivo il diritto allo studio e all’istruzione a tutti gli alunni delle scuole statali e paritarie nell’adempimento dell’obbligo scolastico e nella successiva frequenza della scuola secondaria e nell’ambito dell’autorizzazione di spesa di cui al comma 12, lo Stato adotta un piano straordinario di finanziamento alle regioni e alle province autonome di Trento e di Bolzano da utilizzare a sostegno della spesa sostenuta e documentata dalle famiglie per l’istruzione mediante l’assegnazione di borse di studio di pari importo eventualmente differenziate per ordine e grado di istruzione. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri emanato su proposta del Ministro della pubblica istruzione entro 60 giorni dall’approvazione della presente legge sono stabiliti i criteri per la ripartizione di tali somme tra le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano e per l’individuazione dei beneficiari, in relazione alle condizioni reddituali delle famiglie da
determinarsi a norma dell’articolo 27 della legge 23 dicembre 1998, n.448, nonché le modalità per la fruizione dei benefici e per la indicazione del loro utilizzo.

10. I soggetti aventi i requisiti individuati dal decreto del Presidente del Consiglio di cui al comma 9 possono fruire della borsa di studio mediante la detrazione di una somma equivalente dall’imposta lorda riferita all’anno in cui la spesa è stata sostenuta. Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano le modalità con le quali sono annualmente comunicati al Ministero delle finanze e al Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica, i dati relativi ai soggetti che intendono avvalersi della detrazione fiscale. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica provvede al corrispondente versamento delle somme occorrenti all’entrata del bilancio dello Stato a carico dell’ammontare complessivo di tali somme stanziate ai sensi del comma 12.

11. Tali interventi sono realizzati prioritariamente a favore delle famiglie in condizioni svantaggiate. Restano fermi gli interventi di competenza di ciascuna regione e delle province autonome di Trento e di Bolzano in
materia di diritto allo studio.

12. E’ autorizzata la spesa di lire 250 miliardi per l’anno 2000 e di lire 300 miliardi annui a decorrere dall’anno
2001.

13. A decorrere dall’esercizio finanziario successivo all’entrata in vigore della presente legge gli stanziamenti iscritti nelle unità previsionali di base 3.1.2.1 e 10.1.2.1 dello stato di previsione del Ministero della pubblica istruzione sono incrementati, rispettivamente, della somma di lire 60 miliardi per contributi per il mantenimento delle scuole elementari parificate e della somma di lire 280 miliardi per spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato.

14. E’ autorizzata, a decorrere dall’anno 2000, la spesa di lite 7 miliardi per assicurare gli interventi di sostegno previsti dalla legge 5 febbraio 1992, n. 104, nelle istituzioni scolastiche che accolgono alunni con handicap.

15 All’onere complessivo di lire 347 miliardi derivanti dai commi 13 e 14 si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli anni 2000 e 2001 dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1999, allo
scopo parzialmente utilizzando quanto a lire 327 miliardi l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione e quanto a lire 20 miliardi l’accantonamento relativo al Ministero dei trasporti.

16. All’onere derivante dall’attuazione dei commi 9,10,11, e 12 pari a lire 250 miliardi per l’anno 2000 e a lire 300 miliardi per l’anno 2001 si provvede mediante corrispondente riduzione delle proiezioni per gli stessi dello stanziamento iscritto, ai fini del bilancio triennale 1999-2001, nell’ambito dell’unità previsionale di base di parte corrente "Fondo speciale" dello stato di previsione del Ministero del tesoro, del bilancio e della programmazione economica per l’anno 1999, allo scopo parzialmente utilizzando quanto a lire 100 miliardi per l’anno 2000 e lire 70 miliardi per l’anno 2001 l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri, quanto a lire 100 miliardi per l’anno 2000 e l’accantonamento relativo al Ministero della pubblica istruzione. A decorrere dall’anno 2002 si provvede ai sensi dell’articolo 11, comma 3, lettera d), della legge 5 agosto 1978, n.468, e successive modificazioni ed integrazioni.

17. Il Ministro del tesoro, del bilancio e della programmazione economica è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio.

Le rette pagate dagli studenti costituiscono fondi necessari, ma non necessariamente sufficienti, alla gestione della scuola. In base alla legge 62/2000, emanata in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, le scuole private dell'infanzia, primarie e secondarie possono chiedere la parità ed entrare a far parte del sistema di istruzione nazionale. Per questo alcuni trovano più giusto parlare di scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale.Per scuola privata si intende una scuola non amministrata dallo stato; tra queste le scuole paritarie possono rilasciare titoli equivalenti ai diplomi rilasciati dalla scuola statale. Le rette pagate dagli studenti costituiscono fondi necessari, ma non necessariamente sufficienti, alla gestione della scuola. In base alla legge 62/2000, emanata in attuazione dell'articolo 33 della Costituzione, le scuole private dell'infazia, primarie e secondarie possono chiedere la parità ed entrare a far parte del sistema di istruzione nazionale. Per questo alcuni trovano più giusto parlare di scuola pubblica statale e scuola pubblica non statale.

Le scuole non statali ricevono oggi denaro pubblico sotto forma di:

sussidi diretti, per la gestione di scuole dell’infanzia e primarie (ex parificate);
finanziamenti di progetti finalizzati all’elevazione di qualità ed efficacia delle offerte formative di scuole medie e superiori;
contributi alle famiglie dell'importo massimo di € 300,00 denominati “buoni scuola” e disponibili solo per la scuola dell'obbligo. Essi sono stati introdotti dal governo Berlusconi e non più erogati dal governo Prodi.

Sussidi diretti
Il DM 261/98 ed il DM 279/99 (Ministro della Pubblica istruzione Luigi Berlinguer, Democratici di Sinistra), ed il testo unico “concessione di contributi alle scuole secondarie legalmente riconosciute e pareggiate” che li converte in legge, costituiscono il presupposto per la successiva sistematica e regolare concessione di finanziamenti alle scuole private.

Il governo D’Alema bis con la legge 62/2000 sancisce l’entrata a pieno titolo nel sistema di istruzione nazionale delle scuole private, che pertanto devono essere trattate “alla pari” anche sul piano economico. La legge prevede anche:

l’applicazione anche alle scuole paritarie del trattamento fiscale riservato agli enti senza fini di lucro;
l'istituzione di fatto dei buoni scuola statali (stanziamento di 300 miliardi di lire a decorrere dal 2001);
l'aumento di 60 miliardi di lire dello stanziamento per i contributi per il mantenimento di scuole elementari parificate;
l'aumento di 280 miliardi di lire dello stanziamento per le spese di partecipazione alla realizzazione del sistema prescolastico integrato;
lo stanziamento di un fondo di 7 miliardi di lire per favorire l'inserimento dei disabili nelle scuole private e la costruzione delle strutture necessarie.
Il governo Berlusconi, ministro Letizia Moratti, con il DM 27/2005 apporta alla Legge 62/2000 le seguenti modifiche:

non si parla più di “concessione di contributi” ma di “partecipazione alle spese delle scuole secondarie paritarie”;
è abbassata la soglia di alunni per classe (da 10 a 8) per l’accesso ai contributi;
vengono innalzati i livelli massimi dei contributi (12.000 euro per una scuola media inferiore, 18.000 per una scuola media superiore);
sono più che raddoppiati i finanziamenti per i progetti formativi (da circa 6 milioni di euro ad oltre 13 milioni).
Nel 2005 l'ammontare dei contributi alle scuole non statali è di circa 500 milioni di euro (si veda la circolare ministeriale 38/2005).

Buoni scuola
I buoni scuola vengono istituiti nel 2000 dal Governo di centro-sinistra con la Legge 62/2000 sulla parità scolastica con un piano straordinario di finanziamento, attuato poi dal governo di centro-destra con la Legge 289/2002 che prevede un tetto di 30 milioni di euro per il triennio 2003-2005.

La finanziaria del 2004 del governo Berlusconi, ministro Letizia Moratti, aumenta il tetto per il 2005 a 50 milioni di euro con accesso ai buoni per tutte le famiglie che entrano in graduatoria in base al limite di reddito. La legge sulla parità non prevede alcuna incompatibilità dei buoni statali con eventuali buoni regionali (previsti poi da Veneto, Emilia-Romagna, Friuli, Lombardia, Liguria, Toscana, Sicilia, Piemonte), per cui buoni statali e regionali risultano cumulabili.

LA NORMATIVA

Scuole non statali - La legge 62/2000

Com'è noto, la Costituzione (art. 33) sancisce il diritto dei privati di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. Essa affida inoltre alla legge ordinaria il compito di fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali che chiedono la parità, assicurando ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni delle scuole statali. Nel corso della XIII legislatura la legge 10 marzo 2000 n. 62[1]; ha inteso dare attuazione all’art. 33 della Costituzione disciplinando la “parità scolastica” nell'ambito di un sistema nazionale di istruzione pubblico-privato.

Ai sensi della legge citata, le scuole private e quelle degli enti locali sono, a domanda, riconosciute come scuole paritarie ed abilitate al rilascio di titoli di studio aventi valore legale a condizione che:

· adottino un progetto educativo in armonia con i princìpi della Costituzione e con gli ordinamenti e le disposizioni vigenti;
· accolgano chiunque, accettando il progetto educativo, richieda di iscriversi, compresi gli alunni con handicap o in condizioni di svantaggio;

· abbiano bilanci pubblici, locali, arredi e attrezzature idonee, organi interni improntati alla partecipazione democratica, insegnanti forniti del titolo di abilitazione all'insegnamento e assunti nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro;

si sottopongano alle valutazioni operate dal sistema nazionale di valutazione secondo gli standard stabiliti per le corrispondenti scuole statali.

Si ricorda che la Corte costituzionale, nella sentenza 33 del 2005 ha considerato infondate le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla regione Lombardia, nei confronti di alcune disposizioni (anche finanziarie) della legge sulla parità scolastica. In particolare, la Corte ha ritenuto che la definizione dei requisiti che le scuole debbono possedere per ottenere il riconoscimento della parità (art. 1 comma 4 della legge) rientra nell’ambito delle norme generali sull’istruzione ed è quindi esercizio della potestà legislativa statale.

La L. 62/2000 non prevede finanziamenti a sostegno delle scuole paritarie, né diretti né sotto forma di contributi alle famiglie che scelgano tali scuole; tuttavia, essa reca disposizioni per il diritto allo studio nella forma:

· di un piano straordinario di finanziamento delle regioni (250 miliardi di lire-pari a 129,1 milioni di euro- per il 2000 e 300 mld.-pari a 154,9 milioni di euro- annui dal 2001) a sostegno della spesa delle famiglie per l'istruzione, mediante l'assegnazione di borse di studio di pari importo (non differenziate, dunque, in base alla spesa sostenuta) per gli alunni delle scuole statali e paritarie;

· di un incremento degli stanziamenti annui previsti in bilancio a favore delle scuole elementari parificate (60 mld.-pari a 31 milioni di euro) e delle scuole materne non statali (280 mld. Pari a 144,6 milioni di euro);

di uno stanziamento (7 mld annui, pari a 3,6 milioni di euro) a sostegno delle scuole che accolgono alunni con handicap.
Nel corso della XIV legislatura è stato poi previsto per la frequenza delle scuole paritarie un contributo particolare alle famiglie (c.d. “buono scuola”): la legge finanziaria 2003 (legge n. 289 del 2002, articolo 2, comma 7) ha infatti autorizzato a tal fine la spesa di 30 milioni di euro, per ciascuno degli esercizi finanziari dal 2003 al 2005. L’individuazione di un limite di reddito per l’accesso al beneficio, introdotta dalla legge finanziaria 2004 (legge n 350 del 2003, art. 3, comma 94), è stata abrogata dal DL n. 35 del 2005 convertito dalla legge n 80 del 2005 (art 14, comma 8-bis).

Va ricordato infine che la legge finanziaria per il 2004 (legge n. 350 del 2003) ha finalizzato una quota del Fondo per le politiche sociali (per l’importo massimo di 100 milioni di euro negli esercizi 2004-2006) all’erogazione del “buono scuola”; la norma è stata dichiarata incostituzionale dalla sentenza n.423 del 2004 in quanto lesiva dell’autonomia finanziaria delle regioni (v. Capitolo Diritto allo studio)


La disciplina recente

La legge 62/2000 prevedeva inoltre (art. 1, co. 7) che alle scuole non statali non interessate al riconoscimento della parità si applicassero le disposizioni del T.U. dell’istruzione[2] (Parte II, titolo VIII) e che, dopo un triennio dall’entrata in vigore del provedimento, il Ministro presentasse al Parlamento una relazione sull’attuazione[3] e proponesse il definitivo superamento delle disposizioni del T.U. con un proprio decreto, previo parere delle competenti Commissioni parlamentari.

Recentemente l’articolo 1-bis, introdotto dal Governo al Senato, nel ddl di conversione del DL 5 dicembre 2005, n. 250 (convertito dalla legge 3 febbraio 2006, n. 27) ha inteso dare attuazione alle prescrizioni sopra sintetizzate.

Con riguardo all’adozione di una norma di rango primario attuare l’art.1 comma 7 della legge 62/2000, il sottosegretario Siliquini illustrando l’emendamento governativo al citato DL[4], ha ricordato che il Governo, aveva predisposto un regolamento di delegificazione[5] (ex art.17, co.2 della legge 400/1988) in ordine al quale il Consiglio di Stato aveva espresso perplessità sotto il profilo dello strumento normativo adottato; il ricorso ad una norma di rango legislativo con carattere di urgenza si sarebbe reso pertanto necessario per non prolungare l’applicazione di norme antecedenti alla citata legge n. 62.

L’articolo, 1-bis, del DL 250/2005, interviene sulla disciplina delle scuole non statali recata nella Parte II, Titolo VIII artt. 331-366 del D.Lgs 297/1994 (Testo unico in materia di istruzione), ove si regolamentano le scuole materne non statali autorizzate al funzionamento, le scuole elementari parificate e le scuole secondarie legalmente riconosciute o pareggiate[6]; in particolare le diverse tipologie di scuole previste dal T.U. vengono ricondotte alle due categorie individuate dalla legge 62/2000 e cioè: scuole paritarie riconosciute e scuole non paritarie.

L’articolo citato reca inoltre nuove prescrizioni sulle scuole paritarie; definisce le caratteristiche delle scuole non paritarie e procede alla contestuale abrogazione, o viceversa alla precisazione del campo di applicazione, di alcune norme del T.U.

Si riepilogano di seguito le tre diverse forme di equiparazione delle scuole private a quelle pubbliche previste nel titolo VIII, capi I-III,- della parte II del T.U.- ora in parte abrogato, come già segnalato sopra.

§ La parificazione (artt. 344-347 del T.U.): istituto limitato alle scuole elementari[7], caratterizzato dal riconoscimento ad ogni effetto legale dell’attività di istruzione privata. Per ottenere tale riconoscimento le scuole, che devono necessariamente essere gestite da enti o associazioni, devono stipulare una convenzione con il provveditore agli studi ed hanno l’obbligo di adottare programmi ed orari analoghi a quelli delle scuole statali;

§ Il riconoscimento legale (art. 355 del T.U.): provvedimento amministrativo con il quale il Ministero della pubblica istruzione (ora Ministero dell’Istruzione, università e ricerca - MIUR) attribuisce validità a studi ed esami sostenuti nella scuola secondaria non statale. Il riconoscimento è subordinato ad alcuni requisiti: idoneità della sede, adeguamento dei programmi di insegnamento a quelli delle scuole statali, possesso, da parte degli alunni, dei titoli di studio legali per le classi che frequentano e, da parte dei docenti, dei titoli necessari per l’insegnamento nelle scuole statali. Sono stabiliti (art. 359 del T.U.) i provvedimenti sanzionatori (sospensione o revoca del riconoscimento) da parte del direttore generale competente;e viene affidato ai provveditori agli studi[8] o al MIUR. il compito di vigilare anche tramite ispezioni, sulla permanenza dei requisiti richiesti per il riconoscimento;

§ Il pareggiamento (art. 356 del T.U.): istituto limitato a scuole secondarie tenute da enti pubblici o enti ecclesiastici, rappresenta la forma più perfetta di equiparazione alla scuola pubblica. Per ottenere il pareggiamento, oltre ai requisiti previsti per il riconoscimento legale, sono prescritte ulteriori condizioni relative al numero e il tipo di cattedre (devono essere uguali a quello delle corrispondenti scuole statali), nonché alla nomina, requisiti e trattamento economico dei docenti .

Il comma 1 dell’articolo 1 bis del dl 250/2005 in commento dispone, come già detto, che le scuole non statali di cui alla parte II, titolo VIII, capi I, II e III del d.lgs. 297/1994, siano ricondotte alle due tipologie di scuole paritarie riconosciute ai sensi della 62/2000 e scuole non paritarie.

Vengono poi dettate (commi 2 e 3) ulteriori disposizioni sulle scuole paritarie; in particolare si prevede che:

· la frequenza di queste ultime costituisca assolvimento del diritto-dovere di istruzione e formazione, come disciplinato dal recente decreto legislativo 15 aprile 2005, n.76[9];

· il riconoscimento della parità-previo accertamento dei requisiti- sia effettuato con provvedimento del dirigente dell’ufficio scolastico regionale (anziché del ministero, come disponeva l’art.1, comma 6, della legge 62/2000);

· il riconoscimento decorra dall’anno scolastico successivo alla richiesta e sia subordinato - nel caso di istituzione di prime classi - al completamento del corso degli studi;

· le modalità per il riconoscimento ed il mantenimento della parità siano definite con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, co. 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;

· le scuole paritarie non possano svolgere esami di idoneità per alunni frequentanti scuole non paritarie che dipendano dallo stesso gestore o da altro con cui il gestore abbia comunanza d’interessi.

Viene quindi identificatala nuova categoria delle scuole non paritarie e se ne disciplina il funzionamento.
Sono qualificate come non paritarie (comma 4) le scuole che svolgono un’attività organizzata di insegnamento ed hanno le seguenti caratteristiche:

· un progetto educativo ed un’ offerta formativa conformi ai principi della Costituzione ed all’ordinamento scolastico, finalizzati ad obiettivi apprendimento correlati al conseguimento di titoli di studio (fanno eccezione- come precisa il comma successivo- le scuole materne);

· la disponibilità di locali, arredi e attrezzature conformi alle norme vigenti in materia di igiene e sicurezza dei locali scolastici;

· l’impiego di personale docente e di un coordinatore forniti di adeguati titoli professionali, nonché di idoneo personale tecnico e amministrativo;

· gli alunni frequentanti, in età non inferiore a quella prevista nelle scuole statali o paritarie in relazione al titolo di studio da conseguire.

Le scuole non paritarie ottemperanti alle condizioni sopra elencate (comma 5) sono incluse in apposito elenco affisso all’albo dell’ufficio scolastico regionale che è preposto alla vigilanza sulla sussistenza e sulla permanenza delle condizioni stesse. Tali adempimenti vengono disciplinati con regolamento ministeriale, adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 400/1988[10].

Si esclude comunque che le scuole non paritarie rilascino titoli di studio aventi valore legale e si prescrive -nella denominazione- la chiara indicazione del carattere di scuola non paritaria..

Alle sedi ed attività d’insegnamento prive delle caratteristiche sopra elencate, quindi non rientranti nella tipologia di “scuola non paritaria”, si vieta di assumere la denominazione di “scuola”; si esclude inoltre che sia possibile assolvere in tali strutture il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione.

Viene contestualmente (comma 6) disciplinata la fase transitoria escludendo - dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del DL 250/2005 - il rilascio di nuove autorizzazioni, riconoscimenti legali o pareggiamenti, ma consentendo il completamento dei corsi già attivati sulla base di provvedimenti adottati ai sensi degli articoli 344, 355, 356 e 357 del d.lgs. 297/1994).

Si prevede inoltre la risoluzione delle convenzioni in corso con le scuole parificate non paritarie al termine dell’anno scolastico in cui si completano i corsi programmati dalle convenzioni stesse e la riduzione progressiva dei contributi statali (previsti dalle predette convenzioni) in ragione delle classi e degli alunni effettivamente frequentanti.

Si dispone peraltro che con regolamento governativo (come previsto attualmente dall’art. 345 del T.U.) siano disciplinate le modalità per la stipula delle nuove convenzioni con le scuole primarie paritarie che ne facciano richiesta, nonché i criteri per la determinazione dell'importo del contributo ed i requisiti prescritti per i gestori e per i docenti.

Con riguardo alle convenzioni si assicura prioritariamente alle scuole primarie a suo tempo parificate - divenute paritarie ai sensi della legge 62/2000- un contributo non inferiore a quello già corrisposto ai sensi delle vecchie convenzioni di parifica.

In proposito si ricorda che la sentenza della Corte costituzionale n. 423 del 2004 ha ribadito la competenza regionale delle funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali già prevista dall’articolo 138, comma 1, lettera e) del d.lgs. 112 del 1998. In tale ambito non spetta pertanto allo Stato la potestà regolamentare né sono ammessi finanziamenti caratterizzati da vincoli di destinazione.


Viene infine ( comma 7) disposta l’ abrogazione delle disposizioni contenute nella Parte II, Titolo VIII, Capi I, II e III del TU (artt.331-366), ad eccezione di alcune disposizioni che continuano ad applicarsi alle scuole paritarie.

In particolare esse attengono a:

· cittadini dell’Unione europea gestori o insegnanti nelle scuole materne private (art 336), nelle scuole primarie (art. 342, comma 2),

· sussidi alle scuole materne non statali (articoli 339- 342);

· convenzioni con scuole elementari –ora primarie-(articolo 345 T.U.);

· salvaguardia delle competenze delle regioni a statuto ordinario e speciale e delle province autonome (art. 352, comma 6);

· requisiti dei soggetti gestori dei corsi di scuola secondaria di primo grado ed oneri a loro carico (art. 353 e 358, comma 5);

· scuole dipendenti da autorità ecclesiastiche; corsi e titoli nei licei linguistici (artt. 362 e 363).

Restano inoltre vigenti gli articoli relativi a:

· scuole ed istituti stranieri in Italia (art.366l);

· servizio prestato dai docenti e dirigenti, già di ruolo nelle scuole pareggiate, assunti con rapporto a tempo indeterminato nelle scuole statali (art. 360, comma 6);

· requisito del prescritto titolo di studio per i docenti delle scuole materne che chiedano la parità (art. 334).

Infine, i requisiti prescritti per il soggetto gestore (articolo 353) sono applicati anche alle scuole non paritarie.

Sono abrogati altresì, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge in esame, gli articoli 156-159 e 161 del R.D. 1297/1928[11], relativi alle cosidette scuole “a sgravio”, scuole elementari gestite direttamente da un ente, che, sulla base di alcuni requisiti (gratuità, idoneità delle sedi, titoli professionali dei docenti), riceve un contributo dallo Stato o dal Comune previo stipula di apposita convenzione. L’articolo 160 del citato R.D., relativo alle modalità di disdetta delle convenzione, continua ad applicarsi nei confronti delle scuole primarie paritarie.

Viene infine soppresso il più volte citato articolo 1, comma 7, secondo periodo, della legge 62/2000; recante prescrizione di un provvedimento (nella forma di decreto del ministro) che realizzasse il definitivo superamento delle disposizioni del T.U. sulle scuole non statali.

L’articolo reca infine (comma 8) una clausola di invarianza di spesa.

Si ricorda, per completezza di informazione, che le disposizioni recate dall’articolo 1-bis del DL 250/2005 sono state oggetto di vivace dibattito parlamentare; con riferimento a tale articolo è stata inoltre presentata sul ddl di conversione del DL una questione pregiudiziale[12], a firma dell’on. Grignaffini ed altri.

La questione pregiudiziale adduceva le seguenti motivazioni:

· l’1-bis, introdotto dal Senato nel provvedimento, reca norme di dettaglio sulle modalità di erogazione dei contributi alle scuole paritarie in contrasto con l'articolo 117, terzo e sesto comma, della Costituzione poiché, come confermato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 423 del 29 dicembre 2004, le funzioni amministrative relative ai contributi alle scuole non statali rientrano nell'ambito della competenza regionale, essendo riconducibili alla materia dell'istruzione attribuita alla competenza legislativa concorrente e dunque spettando allo Stato soltanto la disciplina delle norme generali e dei livelli essenziali delle prestazioni;

· lo stesso articolo 1-bis, ai commi 4 e 5, nel dettare le disposizioni relative alle scuole non paritarie viene meno al principio della «presa d'atto» in vigore per le scuole secondarie private, già richiamato a suo tempo dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 36 del 4 giugno 1958, interpretativa dell'articolo 33 della Costituzione;

· il comma 6 dell’art.1-bis prevede che le scuole elementari parificate possano avere un trattamento economico superiore all'attuale, con conseguente incremento dei finanziamenti statali, senza disporre alcuna copertura finanziaria, in contrasto con l'articolo 81, quarto comma, della Costituzione;

· nell’articolo 1-bis non sono menzionati i doveri nei confronti dell'utenza, si trasforma così il contributo per l'assolvimento di un servizio a determinate condizioni in un finanziamento diretto, in quanto tale ancora in contrasto con l'articolo 33 della Costituzione.

Nella seduta del 31 gennaio 2006 si è svolto nell’Assemblea della Camera dei deputati il dibattito sulla questione pregiudiziale che è stata poi respinta.

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[1] Legge 10 marzo 2000 n. 62, Norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all'istruzione.

[2] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.

[3] Il MIUR ha trasmesso alle Camere la Relazione sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000 n.62 recante norme per la parità scolastica e disposizioni sul diritto allo studio e all’istruzione (DOC XXVII, n.13,- annunciato all’ Assemblea della Camera il 6 aprile 2004 ).La relazione precisa (pag. 31) che al 30 giugno 2003 la percentuale delle scuole paritarie ammontava all’82% delle scuole non statali.

[4] Senato, Commissione Istruzione, seduta del 15 dicembre 2005.

[5] Come si evince dalla Relazione sullo stato di attuazione della legge 10 marzo 2000 n.62 (DOC XXVII, n. 13, pag. 56) la forma del regolamento di delegificazione era stata individuata dal MIUR di concerto con la Presidenza del Consiglio interpellata (con nota ministeriale 12 febbraio 2004) in ordine alle difficoltà applicative dell’art.1, co.7, della legge 62/2000, sotto il profilo della natura dell’atto richiesto da quest’ultima

[6] Decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297, “Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado” (nel prosieguo: “T.U.”): Parte II-Ordinamento scolastico-; titolo VIII- Istruzione non statale; capi I, II e III, concernenti rispettivamente scuola materna, istruzione elementare e secondaria.

[7] Ora denominate scuole primarie ai sensi della legge 28 marzo 2003, n. 53 recante Delega al Governo per la definizione delle norme generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di istruzione e formazione professionale.
Ai sensi del T.U., le scuole elementari non statali si dividono in scuole parificate, scuole sussidiate e scuole private autorizzate (art. 343 del T.U.). Le scuole sussidiate sono quelle gestite da privati, enti o associazioni, mantenute parzialmente con il sussidio dello Stato nei luoghi dove non esistano scuole statali o parificate. Le scuole private autorizzate (art. 349 del T.U.) sono gestite da privati con l’autorizzazione del direttore didattico, secondo modalità stabilite da regolamento governativo. E’ previsto (art. 350 del T.U.) l’obbligo di adeguarsi, in linea di massima, all’ordinamento della scuola elementare statale.

[8] Attualmente, ai sensi dell’art.8 (Uffici scolastici regionali) del D.P.R. 11 agosto 2003, n. 319 (Regolamento di organizzazione del Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca) l’articolazione periferica del ministero è costituita dagli uffici scolastici regionali (aventi sede nel capoluogo di regione) ai quali sono assegnate tutte le funzioni già spettanti agli uffici periferici dell'amministrazione, fatte salve le competenze riconosciute delle istituzioni scolastiche autonome a norma delle disposizioni vigenti. L'ufficio scolastico regionale si articola per funzioni e sul territorio; a tale fine operano a livello provinciale e/o subprovinciale i centri servizi amministrativi.

[9] Decreto legislativo 15 aprile 2005, n. 76, recante Definizione delle norme generali sul diritto-dovere all'istruzione e alla formazione a norma dell'articolo 2, comma 1, lettera c), della legge 53/2003. Il decreto definisce il diritto-dovere all’istruzione e alla formazione; a tal fine l’obbligo scolastico è ridefinito e ampliato per una durata minima di 12 anni o, comunque, fino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età. Tale diritto si realizza nelle istituzioni del primo e del secondo ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, ivi comprese le scuole paritarie, anche attraverso l’apprendistato. E’ prevista la possibilità di assolvere al diritto-dovere anche privatamente, come stabilito dall’articolo 111 del TU sull’istruzione con riferimento all’obbligo scolastico. La fruizione del diritto, di cui si ribadisce la connotazione di dovere sociale, esteso anche ai minori stranieri, è gratuita. E’ inoltre garantita l’integrazione delle persone in situazione di handicap.

[10] Legge 23 agosto 1988, n. 400.

[11] Regio decreto 26 aprile 1928, n. 1297, Approvazione del regolamento generale sui servizi dell'istruzione elementare.

[12] Camera, assemblea, seduta del 30 gennaio 2006

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Emendamenti al D.L. n. 250/2005 riguardanti la scuola.

La Tecnica della Scuola del 22/12/2005

In sede di conversione in legge del decreto-legge n. 250/2005, la VII Commissione del Senato ha approvato una serie di emendamenti, alcuni dei quali riguardano il concorso riservato per presidi incaricati, il personale Afam, gli insegnanti di religione cattolica, le scuole private. Nella seduta del 20 dicembre, in sede di “conversione in legge del decreto-legge 5 dicembre 2005, n. 250, recante misure urgenti in materia di università, beni culturali ed in favore di soggetti affetti da gravi patologie, nonché in tema di negoziazione di mutui”, la VII Commissione del Senato ha approvato una serie di emendamenti che apportano modifiche a precedenti leggi. Alcuni emendamenti riguardano l’Afam e la scuola (con particolare riferimento al corso-concorso per presidi incaricati, l’inquadramento nei ruoli degli insegnanti di religione cattolica, norme in materia di scuole non statali). Il giorno successivo, il provvedimento è stato portato nell’Aula del Senato, che ha però rinviato l’esame della conversione in legge del D.L. n. 250/2005, in attesa del parere obbligatorio della V Commissione Bilancio.

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